giovedì, novembre 03, 2011

Moleskine: Crowdsourcing o Brand Fail?

Ci risiamo con il vizietto del "Crowdsourcing"... ;-)

Di quel tipo noto come "in un mercato depresso, sfrutto la guerra dei poveri"... spesso camuffato con "eh, dai è solo un gioco, così per divertirci insieme..:" (dove però gli elaborati restano di proprietà dell'azienda).

Come sapete non sono molto favorevole a quelle operazioni dove vengono messi in gara stuoli di creativi (o di dilettanti) a gratis, sfruttando in parte la fame di lavoro, in parte mettendo in gara degli amatori che lavorerebbero a gratis, solo per la soddisfazione di vedere il proprio lavoretto adottato - contro gente che cerca di mantenerci la famiglia, col lavoro del proprio pennarello.

E del resto, quel paio di progetti che ho seguito che hanno compreso una parte di lavoro affidato all'esterno, attraverso i soliti siti di reclutamento degli schiavi creativi, sono stati un disastro - tempi e soldi buttati, vista la pochezza dei lavori pervenuti.

Poi liberi di pensare che io ho un'agenda personale in merito (parlando di Moleskine ci sta ;-), ma vi ricordo che come consulente di strategia non sono coinvolto nelle scelte creative o meglio nelle scelte di creativi, quindi posso dire quello che penso senza avere interessi particolari.

Comunque, proprio in tema "gangbang marketing" autogol di Moleskine - che ha messo all'asta per un tozzo di pane la creazione di un logo per il proprio blog. Come fatto notare dai critici, hanno praticamente ottenuto (potenzialmente) proposte creative a due dollari l'una.
Ovviamente, al sorgere delle critiche, Moleskine ha risposto in maniera meno che adeguata e un po' di maretta c'è stata.

Potete leggere la storia della faccenda qui e qui, che la raccontano meglio di me. E soprattutto qui. Non voglio entrare nel merito di torto o ragione ma segnalare una case history di social negativo, che sono quelle da cui si impara di più.

Poi può essere che non l'abbiano fatto con cattiveria e perfidia, lucrando sulla fame dei creativi. Ma allora potevano pensarci, che stavano rischiando di combinare un casino...;-)

Quello che mi pare infatti strano è non rendersi conto che i designers sono un target di elezione per il prodotto. E metterli in gara così al massacro significa dire ad alcuni dei propri migliori clienti che la marca non valuta il loro lavoro più di un dollaro o due...

Il che non è bello, e porta inevitabilmente a farsi delle domande - ad esempio se ha senso pagare il Premium Price  o se prodotti alternativi made in china non abbiano un rapporto prezzo / prestazione ben più superiore... una volta che l'intangibile della marca viene eroso.

By the way, ricordo la polemica sul fatto che le Moleskine siano prodotte in Cina, con tutte le conseguenze sul costo del prodotto e il prezzo fatto pagare - si veda ad esempio qui. Altro tema di riflessione per gli studiosi di RP.

Il tutto peggiorato dal rischio inflazione dei prodotti dalla copertina nera:  io ho dato loro veramente tanti soldi in questi anni - ma inizio a essere un po' stufo a fine riunione di dover cercare la mia agenda tra quella degli altri, dato che abbiamo tutti il librettino uguale... ;-)

In effetti la scelta per il mio prossimo oggetto d'appunti (ma non per la faccenda del logo in outsourcing, sia ben chiaro) cadrà probabilmente su una Field Notes, che almeno non è così tanto inflazionata... oppure una Rhodia :-)


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